Dedicare un Ecomuseo a due fiumi può sembrare un’azione romantica. In realtà, l’Oglio e il Chiese, sono i veri protagonisti, unitamente all’uomo, del racconto dell’Ecomuseo.

Guidandoci in questa rivisitazione critica delle nostre origini, essi ci fanno riscoprire i tasselli e l’identità del nostro territorio. Un’operazione necessaria per le generazioni del nostro tempo.

Non era mai accaduto, infatti, che i processi dell’industrializzazione, incrementati dall’accelerazione tecnologica, avessero trasformato radicalmente l’economia, cambiato comportamenti e stili di vita, le strutture sociali e l’organizzazione di intere città e regioni.

Modificazioni che hanno obbligato l’uomo, spesso condizionato da meccanismi produttivi e consumistici incontrollabili o da omologazioni dilaganti, a sradicamenti traumatici, a continui adattamenti, a travolgenti trasformazioni.

Valori e tradizioni, tramandati di generazione in generazione per migliaia di anni, si sono frantumati e consumati, lasciando l’uomo e il suo territorio privi di “significato”.

L’Ecomuseo sin dalle sue origini è sorto con la finalità di colmare un vuoto, per cercare delle risposte, per dare voce e coscienza al territorio e riscoprirne l’identità.

Se ogni Ecomuseo è frutto del suo tempo, il suo Centro di Documentazione ne è un esempio, ad esso non potevano essere affidate esclusivamente l’esaltazione di una cultura estetizzante, tematiche archeologiche limitate a esclusivi periodi storici, oppure argomentazioni scientifiche fine a se stesse, e neppure una variegata raccolta di oggetti della cultura materiale.

Ecco perché il suo patrimonio è strutturato con metodo scientifico e storico: una storia in cui si intreccia una fitta rete di relazioni, contaminata dalla sociologia e dall’etnologia.

Non a caso lo studioso Jacques Le Goff asserisce: “Fare storia etnologica significa anche rivalutare gli elementi magici e i carismi presenti nella storia”.

Già Thomas Eliot affermava: “la tradizione non si può ereditare e chi la vuole deve conquistarla con grande fatica”.
I beni culturali conservati nel Centro di Documentazione del territorio dell’Ecomuseo sono l’espressione della creatività, del costume, delle conoscenze e delle capacità operative e tecniche di una società, quindi sono documenti importanti, fonti tangibili di informazione. Sono anche la manifestazione di una cultura popolare, fatta di quotidianità, ricca anche di tradizioni e mitologie, in linea con i principi della sopravvivenza, con i valori etici familiari e con il patrimonio delle identità comunitarie di appartenenza, che si esprime in stretta sintonia con la natura. Tutto ciò, dunque, non può essere considerato secondo una visione nostalgica di un lontano passato, ma nemmeno come il retaggio di una cultura superata.

Il Centro di Documentazione è pure espressione delle percezioni sensoriali, tattili, dell’arte della manualità che, nel passato, erano alla base dell’apprendimento individuale, mezzo pitagorico per moltiplicare ed incasellare esperienze relazionali.

Oggi, la globalizzazione, imperniata in particolare sui bisogni collettivi incentivati e filtrati dai mezzi di comunicazione della realtà virtuale, ha portato l’uomo a perdere non solo i legami con la propria terra, ma anche esperienze fatte da elementari e primarie percezioni.

Forse iniziamo a riscoprire che la felicità non è data dal numero dei prodotti o degli oggetti acquistati, ma che la qualità della vita è legata a valori preziosi come l’aria, l’acqua, la terra e il paesaggio che abbiamo ereditato, ricchezze difficilmente acquistabili o sostituibili.

Ecco perché è necessario che ognuno di noi apprenda che ogni territorio ha un suo “paradiso”, che non è fatto di plastica, dove ogni essere vivente non è da “consumare”, ma è parte di un ecosistema inscindibile dall’uomo.

Il lavoro, inoltre, non è solo una necessità, ma costituisce un mezzo per contribuire alla crescita civile e culturale, per raggiungere una qualità di vita migliore, anche in considerazione del fatto che il profitto è una risorsa che non può essere disgiunta dai bisogni della persona, né porsi in antitesi con gli ecosistemi e le biodiversità del territorio.

Il Centro di Documentazione dell’Ecomuseo, quindi, è propulsore di attività culturali e svolge il compito di educatore permanente, in opposizione al Museo “bene di moda”.

In tale ottica il rapporto con la scuola risulta fondamentale, affinché il patrimonio diventi strumento di riflessione tra passato e presente, per scelte future più consapevoli.

In breve, sono questi i presupposti che hanno animato e sostenuto, negli ultimi trent’anni, i realizzatori del Centro di Documentazione dell’Ecomuseo delle Valli Oglio Chiese.

Prof. Fausto Scalvini
Fondatore e primo Presidente dell’Associazione Ecologica Museo Oglio Chiese