I lavoratori di Canneto, di Acquanegra e del territorio circostante, per almeno un secolo, sono stati al servizio di Santa Lucia, di Babbo Natale e della Befana. I giocattoli sono un tramite tra la finzione e la realtà, tra il mondo “onirico” dell’infanzia e il pragmatismo degli adulti. Ci è sembrato didatticamente corretto riscoprire le origini di queste peculiarità e moralmente doveroso saldare un debito di riconoscenza verso quel folto gruppo di anonimi operai e artigiani che, sin dalla metà dell’Ottocento, hanno lavorato per costruire Giocattoli.

I lavoratori di Canneto, di Acquanegra e del territorio circostante, per almeno un secolo sono stati al servizio del mito di Santa Lucia, della Befana e di Babbo Natale.

In questi paesi essi vi hanno abitato, pronti ogni anno, ritualmente, a porsi in cammino diretti in ogni parte del mondo per allietare milioni di bambini, per accendere e rinvigorire una speranza, un desiderio, un momento di felicità.

I giocattoli non sono da considerare esteticamente fine a se stessi, ma piuttosto rappresentano la sintesi di un’idea e di un momento poetico. Sono un tramite tra la finzione e la realtà, tra il mondo “onirico” dell’infanzia e il pragmatismo degli adulti. Ci è sembrato didatticamente corretto, dunque, riscoprire le origini di queste peculiarità e moralmente doveroso saldare un debito di riconoscenza verso quel folto gruppo di anonimi operai e artigiani che, sin dalla metà dell’Ottocento, hanno lavorato per costruire giocattoli.

Verso la fine del 1860 Ferdinando Furga, probabilmente seguendo lo spirito della Società di Mutuo Soccorso, organizzò e coordinò l’aspetto commerciale dei laboratori locali e successivamente trasformò le sue filande in fabbriche di giocattoli. È una storia dalle radici profonde e infatti, fin dal Seicento, Canneto ha un’economia particolare: settecento erano gli operai e artigiani impiegati nelle seterie, garzerie, nei laboratori di conceria e di confezioni, nelle segherie, nelle cartiere e negli oleifici.

Sono documentate alcune botteghe di intagliatori e scultori, come gli Zambelli. L’ultimo dei figli, Tarquinio, emigrò in Brasile alla fine dell’Ottocento, dove si costruì notorietà e fortuna attraverso la sua arte d’intagliatore del legno.

Altri esempi di botteghe, che erano presenti nel nostro paese, sono quelli della famiglia Colombi – artigiani e cesellatori di metalli sin dalla fine del Seicento – e della famiglia Pigozzi, doratori e decoratori da generazioni.

Nell’Ottocento si contavano più di quaranta botteghe di artigiani del legno, tra cui le più note erano le famiglie Ghidotti, Ziliani e Merlo.

C’erano poi stuccatori, cementisti, intrecciatori, impagliatori, cappellai, calzolai, tornitori, sarti, tintori, tessitori e lattonieri.

È da questa base artigianale articolata e variegata, dalle mille sfaccettature, che nasce e si sviluppa la tradizione del giocattolo.

Inizialmente gli artigiani si dedicano alla costruzione di giocattoli solo nei mesi autunnali e invernali, materiali semplici come legno, cartapesta, terracotta, cera, gesso e lamierino erano utilizzati per costruire bambole, cavallini, maschere, burattini, carretti, girandole, barchette e strumenti musicali oppure suppellettili e mobili in miniatura.

Sono giocattoli funzionali ed essenziali, oppure tecnicamente preziosi, realizzati per le classi più agiate.

Ne sono un esempio piccole stufe e macchine da cucire funzionanti. Con l’espansione dei consumi, numerosi artigiani si dedicheranno a tempo pieno alla loro realizzazione. Si possono immaginare nell’Ottocento alcuni di essi con la cesta sulle spalle, carica di manufatti, frequentare mercati e fiere per la loro vendita. La ditta Furga con la realizzazione della ceramica, segnerà definitivamente il passaggio da una produzione artigianale ad industriale.

La costruzione dei giocattoli, infatti, è un’identità che si è protratta nel tempo e che molti di noi ricordano attuata non solo in fabbrica o nei piccoli laboratori, ma anche in casa.

Tutti i componenti della famiglia erano impegnati a imbottire gambe, busti e braccia, a cucire vestiti, realizzare fiori di stoffa, rifinire giocattoli in legno o tornire pezzi particolari.

Ricordiamo, infine, che il giocattolo entra anche nell’arte culinaria. Anche in cucina, infatti, ritroviamo in momenti particolari dell’anno (come la sagra del paese, le Feste Natalizie, S. Antonio Abate, Carnevale e Pasqua) pane, biscotti e altre materie prime che si trasformano in giocattoli come bambole, animali o motivi decorativi.

Sono paesi nei quali si è diffuso il piacere e il gusto dell’arte della manualità, al servizio del momento creativo che si è concretizzato idealmente attraverso l’elaborazione della materia.

Per quasi due secoli i cittadini hanno assimilato, anche in forme semplici, che la sensibilità e la percezione del bello non solo sono componenti dell’economia, ma sono anche maestre di vita.

Ne sono un esempio ulteriore l’attaccamento alle tradizioni locali e la diffusa sensibilità musicale e teatrale.