L’argilla si può considerare come il prodotto naturale più usato dall’uomo, la materia prima del nostro territorio. Sin dall’origine dei primi insediamenti è stato il materiale primario per realizzare non solo manufatti d’uso quotidiano, ma anche per costruire abitazioni dei villaggi e per modellare opere decorative e artistiche.

I fiumi, attraverso i processi di deposito, sono stati i protagonisti delle stratificazioni che hanno formato la nostra pianura.

L’argilla si può considerare come il prodotto naturale più usato dall’uomo, la materia prima del nostro territorio.

Sin dalle origini dei primi insediamenti, è stato il materiale primario per realizzare non solo manufatti d’uso quotidiano, ma anche per costruire le abitazioni dei villaggi e per modellare opere decorative e artistiche.

I manufatti esposti nell’Ecomuseo raccontano, dall’Età del Bronzo all’Ottocento, gli schemi costruttivi e decorativi, gli stili e gli accorgimenti utilizzati per innalzare una struttura architettonica.

Il mattone, primo esempio seriale della storia dell’uomo, unitamente ad altri moduli costruttivi, ci permette di ricostruire il racconto e la tipologia della casa e la sua evoluzione, in questa parte del territorio lungo l’Oglio.

Moduli per pavimenti e muri, tegole, modanature, cornici, mensole, colonne e fregi, frangisole e una variegata tipologia decorativa, svelano una tradizione artigianale tipicamente padana, tuttora presente nelle fornaci e negli ultimi laboratori lungo i fiumi del nostro territorio, in cui si perpetua una maestria antica, tramandata nei secoli, basata sulla selezione delle argille e sulle tecniche di cottura.

Significative e peculiari, nel Rinascimento, sono le scelte fatte dai Gonzaga che, per ragioni commerciali, fissarono non solo le tipologie dei moduli costruttivi, ma anche i relativi pesi e misure.

Importante, nella storia del territorio, è l’utilizzo dell’argilla per realizzare le abitazioni e che sin dall’Età del Bronzo veniva spalmata sulle pareti di canne e frasche, per aumentare l’isolamento termico.

Di tradizione mediterranea, è invece, l’uso di mattoni “crudi”, solo essiccati al sole, pratica che nel nostro territorio, per ragioni anche economiche, si è protratta sino alla metà del XX secolo.

Ovviamente il muro era protetto da un intonaco in calce e sabbia.

In questa parte di pianura, tra ’Oglio e il Po, sono pure documentati esempi di costruzioni, in particolare chiese, per le quali le famiglie si impegnavano a realizzare gratuitamente un prestabilito numero di mattoni.

Iniziavano dall’impasto eseguito con i piedi (per aumentarne l’elasticità), per passare poi alla forma, che veniva realizzata con stampi in legno.

L’unico accorgimento, in questa fase del lavoro, era quello di utilizzare la sabbia per isolare lo stampo dall’argilla.

Questi mattoni venivano collocati sull’aia, inizialmente all’ombra di graticci, poi erano essiccati al sole, infine, accatastati in un forno a camera, venivano cotti a una temperatura tra i 500° e 600° C.

Più bassa era la temperatura, meno resistente era il mattone. I più vicini alla fonte di calore, se la temperatura superava i 1000°, potevano fondersi, acquistando così un colore scuro, quasi nero.

Alla lavorazione dell’argilla partecipava tutta la famiglia.

Ogni componente aveva le proprie mansioni: gli uomini erano addetti ai lavori pesanti dell’estrazione, dell’impasto e della cottura dei manufatti, alle donne era invece affidata la realizzazione dei moduli con gli appositi stampi, mentre ai ragazzi rimaneva il compito di seguire l’essiccazione rivoltando, di volta in volta, i vari pezzi esposti al sole.

Numerosi gli accorgimenti e le curiosità, come per esempio l’uso di due argille diverse che, mescolate tra loro, permettevano di ottenere effetti cromatici variegati del giallo e del rosso, quasi un’imitazione del marmo.

Tra i manufatti presenti nell’Ecomuseo, numerose sono le scritte incise, in particolare su tegole e mattoni: quasi un tentativo di lasciare un “segno” nel tempo, con messaggi d’amore, simboli politici, nomi, iniziali e date.

Un modo per affermare non solo la propria personalità, ma anche la fatica di questo lavoro collettivo.

Dal fiume Oglio sono stati recuperati anche materiali di maiolica, che testimoniano una florida attività presente sul territorio, in particolare dal Medioevo all’Ottocento. Le tipologie formali e decorative richiamano l’evoluzione, in particolare, della ceramica ferrarese e mantovana.

La produzione di ceramica è documentata anche a Canneto, dove raggiunse il suo apice con la ditta Furga, nata non solo per produrre bambole, ma anche pregiati manufatti di uso quotidiano.

(Terracotta, maiolica e ceramica)

L’argilla essiccata e cotta dà come risultato la terracotta, tradizionalmente di colore rosso chiaro.

La terracotta unita alla smaltatura dà origine alla maiolica.

Il caolino con smaltatura e colore genera la ceramica, per ottenere la quale talvolta necessitano anche tre cotture.

(La terracotta e l’arte)


Modellare e plasmare un bassorilievo, un altorilievo o un’opera a tutto tondo, era tra le mansioni dello scultore, che utilizzava l’argilla come materia prima per realizzare il prototipo.

Questo, successivamente, poteva trasformarsi in terracotta o in bronzo, oppure servire da modello per una “copia” in marmo.

I periodi d’oro della terracotta modellata sono il Medioevo, il Rinascimento e l’Ottocento.

Tanti mestieri che si basano sulle abilità manuali, come quello dello scultore, si stanno estinguendo, soppiantati ancora una volta dalla ripetitività dell’industria.